di Francesco Fustaneo, su controlacrisi.org, 10 giugno 2013
Nei giorni scorsi si è imposta al centro dello scenario giudiziario il processo concernente la trattativa Stato-Mafia.
Protagonista la Corte d’Assise chiamata a giudicare i dieci imputati, mafiosi, politici ed ufficiali dell’Arma, che secondo l’accusa, vent’anni fa sedettero intorno allo stesso tavolo per imbastire un piano di distensione che portasse alla fine del periodo stragista che tra il ’92 e il ’93 aveva insanguinato l’Italia. Alla sbarra i capimafia Totò Riina, Giovanni Brusca ,Antonino Cinà e Leoluca Bagarella , il figlio dell’ex sindaco di Palermo Massimo Ciancimino, gli ex ufficiali del Ros dei carabinieri, Antonio Subranni, Mario Mori, Giuseppe De Donno, l’ex senatore del Pdl Marcello Dell’Utri e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino.
Ad eccezione di Mancino, accusato di falsa testimonianza, e di Massimo Ciancimino, teste dell’accusa, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia, gli altri imputati dovranno rispondere di violenza o minaccia al corpo politico dello stato, con l’aggravante di aver favorito Cosa nostra. Ha scelto invece il rito abbreviato un altro imputato: l’ex ministro democristiano Calogero Mannino. Dal processo è stata stralciata invece la posizione di Provenzano, il quale è stato ritenuto incapace di intendere e di seguire coscientemente.
Il primo step dell’iter giudiziario ha avuto luogo nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo, il 27 maggio scorso con la richiesta di costituirsi parte civile di diversi enti e associazioni . La Corte d’assise ha però respinto buona parte delle richieste non ritenendole legittimate. Fuori dal processo sono rimasti anche Salvatore Borsellino e i familiari dell’eurodeputato salvo Lima. No a quasi tutte le associazioni, tra cui le Agende Rosse, no ai comuni di Palermo, Capaci, Campofelice di Roccella,Firenze, ancora no alla Provincia di Firenze e alla Regione Toscana.
E’ stata negata anche la partecipazione di Rifondazione Comunista, l’unico tra i partiti a richiedere di costituirsi parte civile.
Dell’argomento riusciamo a parlare con Paolo Ferrero durante una sua visita in Sicilia per impegni politici correlati alle recenti elezioni amministrative. Ferrero, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, era presente al Pagliarelli per la prima udienza.
Segretario, qual è la sua idea in merito alla Trattativa?
Personalmente non ho mai avuto alcun dubbio che sia stata posta in essere una trattativa tra mafia ed esponenti dello Stato e che la stessa sia stata celata per tutti questi anni, così come ritengo che questa abbia segnato uno dei punti più bassi della storia della nostra democrazia. Aspettiamo ora che si pronuncino i giudici e accertino una volta e per tutte i soggetti coinvolti e le relative responsabilità.
Quali sono le motivazioni che hanno indotto Rifondazione a costituirsi parte civile e perché secondo Lei gli altri partiti non hanno fatto altrettanto ?
Preciso innanzitutto che la richiesta di partecipazione di Rifondazione aveva una finalità dal significato prettamente politico e non improntata alla mera richiesta di risarcimento. La trattativa con i poteri criminali ha rappresentato un golpe per la nostra democrazia e ne ha deviato il funzionamento. La Costituzione, la Repubblica e l’intera società italiana sono stati offesi da quelle complicità e la nostra partecipazione aveva anche il significato di ribadire la centralità che devono avere soggetti istituzionali, quali i partiti, nella difesa dei meccanismi democratici che sono stati in tal modo attaccati e sovvertiti. Riguardo al perché gli altri partiti non abbiano fatto altrettanto bisognerebbe chiedere a loro.
La mia opinione è che per alcune forze politiche un deterrente possa essere stato il coinvolgimento nella nota vicenda delle intercettazioni telefoniche del Presidente della Repubblica. Proprio Napolitano in merito all’argomento “intercettazioni” ha secondo me avuto grandi responsabilità e non giudico certo il suo operato a riguardo, positivamente. Per altri partiti invece la motivazione sarà quella di avere tra le proprie fila esponenti, più o meno noti, che presentano palesi superfici di contatto con l’apparato mafioso. Evidentemente non abbiamo le stesse idee e la stessa concezione di lotta alla mafia.
Perché la vostra richiesta di divenire parte civile è stata rifiutata?
Precisiamo in primo luogo che Rifondazione Comunista è stata esclusa con altre associazioni da parte civile nell’ambito del processo stato – mafia su richiesta dei legali di Marcello Dell’Utri.
Senza entrare nei tecnicismi la motivazione dell’esclusione sarebbe quella che nel nostro statuto di partito l’elemento della lotta alla mafia non è preponderante rispetto ad altri punti contemplati.
Evidentemente vogliono che i politici figurino nel processo solo nella veste di imputati, ma non siamo tutti uguali. In questi anni vi è stato chi ha avuto superfici di contatto con la malavita organizzata e chi l’ha combattuta. Noi Comunisti ribadiamo di essere parte lesa in questo processo e in ogni caso nel processo riguardante Calogero Mannino, siamo a tutt’oggi riconosciuti come parte civile e quindi proseguiremo il nostro lavoro contro la mafia, per la verità e la giustizia.
E’ noto che Falcone nelle sue indagini è stato spesso e volentieri lasciato solo se non addirittura contrastato da alcune parti politiche.
Qual è stato l’approccio di Rifondazione verso l’operato del magistrato prima della sua notorietà e soprattutto prima della sua morte?
Rifondazione ha sempre ritenuto necessario appoggiare i magistrati che lottano contro la mafia. Ciò è valso per Falcone così come lo è valso e lo varrà negli anni a venire anche per gli altri giudici. Ma resto fermo sul parere che la lotta alla mafia non deve restare confinata al puro piano giudiziario. Si deve estendere sul piano sociale e soprattutto deve diventare uno dei nodi centrali dell’agenda politica. A riguardo mi fa però riflettere il fatto che gli unici politici presenti al processo siano quelli sul banco degli imputati.
Quali sono le proposte che si sentirebbe di consigliare al Governo per mettere in atto politiche che contrastino il fenomeno mafioso?
Di finirla subito con la politica dell’austerità e di far convergere nel meridione idee, progetti e risorse per attuare piani urgenti per l’occupazione. Il tema del lavoro deve essere centrale, sia come elemento di mantenimento materiale che di dignità della persona. L’assenza del lavoro è uno delle prime fondamenta su cui la mafia specula e prospera.
In secondo luogo occorrerebbe rivedere il funzionamento dell’apparato statale, eliminare le nomine politiche dei dirigenti che spesso vanno a ingrassare quel meccanismo clientelare su cui anche la mafia si basa. Sanità, servizi e uffici pubblici sono pieni di dirigenti compromessi col politico di turno. Inutile dire che occorrerebbe un ricambio della classe dirigente, molto più interessata a mantenere lo status quo con i propri privilegi annessi che a innovare e far funzionare meglio il sistema pubblico.
Dall’antimafia giudiziaria alla politica il passo è stato breve per diversi candidati: lo abbiamo visto con esiti differenti per Grasso e per Ingroia, candidato di Rivoluzione Civile, lista appoggiata tra gli altri anche dal suo partito. Terminata quell’esperienza, in che rapporti siete rimasti con il magistrato e quali sono gli obiettivi politici futuri che vi siete prefissati come Partito della Rifondazione?
I rapporti personali con Ingroia sono rimasti molto cordiali, ma politicamente abbiamo ritenuto sbagliata la sua scelta di entrare nel centro sinistra. Riteniamo la sua vicinanza politica a Bianco a Catania e a Crocetta per la Regione Sicilia, scelte incoerenti con quel che era il progetto originario che ci eravamo prefissi con Rivoluzione Civile. Il centro sinistra è morto e lo si è visto con la costituzione del Governo Letta in tandem con Berlusconi e Monti. Noi rimaniamo dell’intenzione di costruire una sinistra unita che rovesci le politiche di austerità, una sinistra sia alternativa a quella istituzionale vista fin’ora e che rompa la sua continuità con interessi e potentati.